2022 – Torino Verticale

 

 

UNO SGUARDO VERTICALE

Lentamente
tutta la città si dipanò dalla nebbia
il fiume accolse un primo sole di latte.
Giovanni Arpino

Un lieve, immateriale, strato di nebbia si alza e svela palazzi, grattacieli, monumenti di una Torino che affiora dai versi di Giovanni Arpino(1), scandita dai frammenti di un tessuto urbano che emerge alla luce con la magia e i misteri della città, con l’intrecciarsi geometrico delle strade, dei viali alberati, del parco del Valentino.
E sono percorsi, memorie e visioni, che Emilio Ingenito ha rilevato e fissato mediante una rappresentazione capace di restituire e restituirci l’interpretazione di una «Torino Verticale», di un singolare nucleo di strutture architettoniche barocche e di imponenti sculture, che costituiscono i momenti di un racconto delineato attraverso meditate inquadrature e scatti fotografici.
L’attenzione per una città «fisicamente verticale», si identifica, quindi, con lo sguardo che coglie poetiche atmosfere, mentre la luce rivela il profilo di Palazzo Ceriana Mayneri, sede del Circolo della Stampa, della Basilica di Superga e la galleria San Federico con lo storico Cinema Lux.
E’ questa la Torino di Cesare Pavese e Norberto Bobbio, di Massimo Mila e Felice Casorati, Umberto Mastroianni e Luigi Spazzapan ricordato da una poesia di Velso Mucci: «Casa pallida/la facciata fuggendo/solleva le stelle/una è qui su un tegolo/Squallido piano d’ebano/la polvere sconfina in deserto lunare/Solitario giaciglio/ Nudità polverose/Dissotterrate memorie/Polverosa la notte…» (2)

La sequenza delle fotografie rinnova località e borghi e antiche contrade, impressioni e ricordi, in una sorta di narrazione per immagini e di spettacolari invenzioni come la Bolla ideata da Renzo Piano al Lingotto, dove si apre la Pinacoteca Giovanni e Marella Agnelli (con dipinti firmati da Modigliani, Picasso, Renoir, Matisse e Balla), o la verticalissima Mole Antonelliana, che ospita il Museo Nazionale del Cinema, la preziosità Liberty di Casa Fenoglio-Lafleur e l’opera «In Limine» di Giuseppe Penone, esponente dell’Arte Povera, installata davanti all’ingresso della GAM Galleria Civica d’Arte Moderna e Contemporanea.
E dal monumento dedicato a Vittorio Emanuele II, primo Re d’Italia, a Palazzo Carignano, si snoda un itinerario quanto mai ricco di testimonianze, di vicende sociali e culturali, di pagine d’arte caratterizzate, in estrema sintesi, dalla statua equestre «Caval ‘d Brons» di Carlo Marochetti, che celebra in Piazza San Carlo la figura di Emanuele Filiberto di Savoia, o dalla Fontana Angelica di Giovanni Riva, in Piazza Solferino accanto al Teatro Alfieri.
Lo «sguardo verticale» è anche l’incontro con lo straordinario scalone juvarriano di Palazzo Madama e l’architettura razionalista della Torre Littoria in Piazza Castello, con la Torre Maratona e le sculture in bronzo «Three columns» del britannico Tony Cragg in Piazza d’Armi, sino al campanile della Chiesa del Santo Volto dell’architetto Mario Botta e il braciere dello Stadio Olimpico, disegnato da Pininfarina.

Immagini, spazi e luoghi di una Torino che Ingenito, tra i fondatori del gruppo «Il Terzo Occhio photography», ha trasformato in un lungo e interiore percorso, ricostruendo la trama dei punti di eccellenza tra lo sviluppo delle strade, la collina e il Po.
Una trama che concorre a riscrivere i capitoli di un cammino legato alla Galleria Subalpina, all’Obelisco di Piazza Savoia nel quadrilatero romano e alle OGR-Officine Grandi Riparazioni. Il complesso industriale di fine Ottocento (qui venivano riparate locomotive, automotrici e vagoni ferroviari), diventato sede di grandi eventi internazionali e prestigiose rassegne d’arte contemporanea.
E, di volta in volta, si entra in contatto con il «Palazzo delle Ombre» e l’installazione dell’artista newyorkese Nancy Dwyer, l’Arco Olimpico, costruito nel 2006 in occasione dei XX° Giochi Olimpici Invernali, e il Faro della Vittoria al Colle della Maddalena dello scultore Edoardo Rubino, realizzato nel 1928 su committenza del Senatore Giovanni Agnelli per il decennale della vittoria nella Prima Guerra Mondiale.
Lo sguardo racchiude, perciò, arte, sport e archeologia industriale, esprimendo l’assoluto valore e il ruolo della città nell’ambito degli studi politecnici e la tecnologia avanzata, della cultura visiva e la coinvolgente collezione di reperti del Museo Egizio.

La «Città Verticale» stabilisce decisive connessioni con le parole degli scrittori Umberto Eco, Lalla Romano ed Elena Ferrante, con i segni di pittori e scultori e gli accordi dei musicisti, in una quotidiana e illuminante ricerca espressiva.
Una ricerca contrassegnata dalle sale dei caffè «Mulassano» e «Torino» che si aprono sotto i portici, frequentate da intellettuali ed eleganti «donne ben vestite» (3), dagli studi televisivi della RAI in via Verdi e gli svettanti grattacieli Intesa Sanpaolo, progettato da Renzo Piano, e quello della Regione Piemonte dell’architetto Massimiliano Fuksas. Sulla Spina 2, invece, occupa lo spazio urbano la Fontana «Igloo»: simbolo e documento della stagione creativa di Mario Merz.
In questa ideale ricostruzione della città, con il Monte dei Cappuccini, alle spalle della Gran Madre, e il Museo Nazionale della Montagna, trova una naturale rispondenza e confronto con le tavole del libro di Emilio Ingenito, edito da Daniela Piazza, che trasmettono le tracce di un vissuto che ci appartiene indissolubilmente.
Ogni testimonianza è storia, misura dell’essere e dell’esistere, «sguardo verticale» che scopre il fascino di Torino: «la città – ha detto Giorgio de Chirico – più profonda, più enigmatica, più inquietante non d’Italia ma del mondo».

Angelo Mistrangelo

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(1) (3) G.Arpino, «Controviale», «Torino, via Roma», da
«Il prezzo dell’oro», I Poeti dello Specchio, Arnoldo
Mondadori Editore, 1957.
(2) V.Mucci, «Le poesie», da «L’uomo di Torino», Araba Fenice,
1995.